Introduzione-alla-preghiera-III
Introduzione alla preghiera III
[prosegue il cammino di quaresima]
Preghiera e accettazione
Il profondo silenzio ci porta a comprendere che la preghiera è, soprattutto, accettazione. Quando preghiamo stiamo con le mani aperte verso il mondo. Sappiamo che Dio si farà conoscere nella natura intorno a noi, nella gente che incontriamo, nelle situazioni in cui ci troviamo. Confidiamo che il mondo conservi dentro di sé il segreto di Dio, e ci aspettiamo che il segreto ci sia svelato. La preghiera crea quell’apertura nella quale Dio ci è dato. Dio vuole veramente essere accolto nel cuore umano, ricevuto a mani aperte e amato del medesimo amore col quale siamo stati creati.
Quest’apertura non viene però semplicemente da sé. Richiede la confessione che sei limitato, dipendente, debole e anche peccatore. Ogni volta che preghi, tu professi che non sei Dio, e che non vuoi essere Dio, che non hai ancora raggiunto la tua mèta, e che non la raggiungerai mai in questa vita, che devi continuamente stendere le mani e attendere il dono della vita. Quest’atteggiamento è difficile perché ti rende vulnerabile.
La saggezza del mondo è la saggezza che dice: ‘È meglio stare saldi, mantenere una buona presa su ciò che è tuo qui ed ora, e conservare ciò che è tuo contro gli altri che vogliono prendertelo; devi stare in guardia contro le imboscate. Se non porti un’arma, se non stringi il pugno e non ti dai da fare per ottenere quel poco di cui hai bisogno – cibo e riparo – allora in realtà chiedi di essere debole e indigente, e finirai col cercare una mediocre soddisfazione in una generosità che nessuno apprezza. Tu apri le mani e loro vi piantano le unghie! La gente in gamba se ne sta sulle sue, con i muscoli tesi e il pugno chiuso, lancia occhiate furtive ed è sempre pronta per un attacco inatteso.
È spesso così che appare la vita interiore di una persona. Se nutri pensieri di pace, devi essere aperto e ricettivo. Ma puoi farlo, osi farlo? II sospetto, la gelosia, l’odio, lo spirito di vendetta, il risentimento e l’avidità sono qui ancora prima che tu abbia potuto dar loro un nome: “Che cosa cercano veramente di fare?”. “Che cosa c’è veramente nella loro mente?”.
Come puoi aspettarti un dono avendo di questi sentimenti? Puoi almeno immaginare che la tua vita potrebbe essere in altro modo? Non meraviglia che la preghiera faccia tanto problema, perché richiede una costante disponibilità a deporre le tue armi e ad abbandonare sentimenti che ti dicono di tenerti a distanza di sicurezza. Richiede che tu viva nella costante attesa che Dio, che fa ogni cosa nuova, ti faccia nascere di nuovo.
Diventi una persona soltanto quando sei capace di rimanere aperto a tutti i doni che sono stati preparati per te. Dare può facilmente diventare uno strumento di manipolazione, dove colui che riceve il dono diventa dipendente dalla volontà di chi glielo dà.
Quando dai, sei padrone della situazione, puoi distribuire i beni a coloro che pensi lo meritino. Hai il dominio nel tuo ambiente e puoi godere il potere che i tuoi possessi ti danno.
L’accettazione è qualcosa di diverso. Quando accettiamo un dono, invitiamo gli altri nel nostro mondo e siamo pronti a dar loro un posto nella nostra vita. Alla fin fine, i doni diventano doni solo quando sono accettati. Quando i doni sono accettati, acquistano un posto nella vita di chi li riceve. È comprensibile che molti vogliano restituire un dono al più presto possibile, ristabilendo così I’equilibrio e liberandosi da qualsiasi rapporto di dipendenza. Spesso vediamo più commercio che accettazione. Molti di noi sono persino imbarazzati da un dono perché non sanno come restituirlo. “Mi fa sentire in obbligo”, diciamo spesso.
Forse la sfida del vangelo sta proprio nell’invito ad accettare il dono per il quale non possiamo dare nulla in cambio. Il dono è infatti il soffio di vita di Dio, lo Spirito che scende su di noi mediante Gesù Cristo. Questo soffio di vita ci libera dalla paura e ci dà un nuovo luogo in cui vivere. Quelli che vivono in spirito di preghiera sono costantemente pronti a ricevere il soffio di Dio e a lasciare che la loro vita sia rinnovata e abbia maggior respiro. Quelli che non pregano mai, al contrario, sono come i bambini con l’asma: avendo il respiro corto, il mondo intero avvizzisce dinanzi a loro. Strisciano in un angolo cercando affannosamente aria, e sono praticamente in agonia.
Coloro che pregano, invece, si aprono a Dio e possono respirare di nuovo liberamente. Stanno diritti, stendono le mani e vengono fuori dal loro angolo, liberi di muoversi senza timore.
Quando viviamo del respiro di Dio possiamo riconoscere con gioia che il medesimo respiro che ci tiene in vita è anche fonte di vita per i nostri fratelli e sorelle. Questa scoperta fa svanire la nostra paura dell’altro, ci fa cadere di mano le armi e porta un sorriso sulle nostre labbra. Quando riconosciamo il respiro di Dio negli altri possiamo lasciare che essi entrino nella nostra vita e ricevano i doni che offriamo loro.
Quando notiamo che qualcuno ci accetta davvero pienamente, vogliamo dare tutto quello che possiamo e spesso scopriamo nel dare che abbiamo molto di più di quanto non pensassimo.
In quest’accettazione dell’altro, fatta con spirito di preghiera, non vi è più posto per il pregiudizio, perché invece di definire gli altri lasciamo che ci appaiano sempre nuovi. Allora possiamo parlarci I’un I’altro e condividere la nostra vita in modo tale che il cuore parli al cuore. Uno studente scrive: “Una buona conversazione è un processo in cui ci diamo l’un l’altro la forza di andare avanti, di rallegrarci insieme, di essere tristi insieme e di darci vicendevolmente ispirazione”.
Pregare significa, soprattutto, essere accettanti verso un Dio che è sempre nuovo, sempre diverso. Perché Dio è un Dio profondamente tenero, il cui cuore è più grande del nostro. L’aperta accettazione della preghiera di fronte a un Dio sempre nuovo ci rende liberi. Nella preghiera siamo costantemente in cammino, in pellegrinaggio, e sul nostro cammino incontriamo sempre più gente che ci mostra qualcosa del Dio che cerchiamo. Non sapremo mai con certezza se abbiamo raggiunto Dio; ma sappiamo che Dio sarà sempre nuovo e che non vi è ragione di temere.
La preghiera ci dà il coraggio di tendere le braccia e di essere condotti. Dopo,aver dato a Pietro il mandato di aver cura del suo popolo, Gesù disse:
“In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi là dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove non vuoi” (Giovanni 2I,78).
Aver cura degli altri richiede un’accettazione sempre crescente. Questa accettazione ha condotto Gesù e i suoi discepoli là dove non volevano andare: alla croce. Questa è anche la strada di coloro che pregano. Quando sei ancora giovane, vuoi tenere ogni cosa nelle tue mani, ma quando sei diventato più vecchio e hai aperto le tue mani in preghiera, sei in grado di lasciarti condurre senza sapere dove. Sai soltanto che la libertà di Dio ti ha portato e ti condurrà a una nuova vita, anche se la croce è il solo segno che puoi vedere. Ma per chi prega, anche quel segno avrà perduto il suo carattere spaventoso.
O Dio
Vorrei tanto tenere le cose sotto controllo
Vorrei esser padrone del mio destino.
Pure so che tu dici:
“Lascia che ti prenda per mano e ti conduca.
Accetta il mio amore
e abbi fiducia che dove ti porterò
i desideri più profondi del tuo cuore saranno adempiuti”.
Signore, apri le mie mani
per ricevere il tuo dono di amore.
Amen.