I 70 anni della nostra casa

30 Maggio 2018 Off Di Stefano Masetti

Vecchia chiesa

Moltissimi furono i bombardamenti che si abbatterono rovinosi sull’abitato di Pontassieve tra il novembre del ’43 fino all’estate del ’44. Il 17 gennaio 1944, in una terribile incursione aerea, vennero colpiti la canonica ed il locale delle associazioni cattoliche. Il 7 aprile, Venerdì Santo, intorno alle 15:00 venne colpita la chiesa che rimase quasi totalmente distrutta. Alle centinaia di abitazioni del centro andate in frantumi fece così eco la chiesa di San Michele Arcangelo divenuta ora un cumulo di macerie.

La Pasqua del 1944 sembrò quasi fermarsi alla Morte, dimentica di celebrare la Resurrezione: l’edificio, da sempre simbolo dell’intera comunità, da cui tutto l’abitato si era sviluppato, aveva cessato per sempre di esistere, come se la guerra, non paga del suo carico di morte e di dolore, avesse voluto mostrare, ancora una volta, tutta la sua potenzialità distruttiva, abbattendosi non solo sulle case dei singoli, ma sulla casa di tutti – la chiesa-, volto ed espressione di un’intera comunità. Quella casa considerata da sempre luogo d’intimità spirituale, d’accoglienza, di sicurezza perché sede di amore, serenità, felicità e fede. Quella casa in cui Dio e l’Uomo s’incontrano; quell’edificio che unisce la natura divina a quella umana. Quella casa in cui si è attratti verso Dio ed in cui si è insieme a Dio.

Il cantiere della nuova chiesa

Ed è forse per questo che, quando ancora la guerra non era conclusa, il primo obbiettivo a cui si mirò fu quello di riedificare questa costruzione sacra, luogo fisico e spirituale allo stesso tempo. E ci si rimboccò le maniche cercando di superare le difficoltà, di lasciarsi alle spalle le ferite della guerra, di andare oltre le macerie del dolore per perseguire la Speranza. Già nel giugno del 1945 i fedeli, insieme al parroco don Ildebrando Cuccuini, si prodigavano per la riedificazione della chiesa. Certo i problemi non furono pochi: l’opera di demolizione del vecchio edificio; la cessione del terreno necessario per l’ampliamento ed il ricollocamento della nuova struttura; le diverse sospensioni dei lavori dovute ai ritardi dei finanziamenti, alle difficoltà delle perizie e dei progetti; l’aumento progressivo ed inesorabile dei prezzi; il reperimento dei materiali. Il 29 ottobre alla fine partirono i lavori. Per quasi due anni l’attività si concentrò al solo edificio ecclesiastico progettato dagli architetti Morozzi e Saccardi…gradinata, campanile e battistero potevano aspettare!

Il cardinale inaugura la nuova chiesa

Nell’estate 1948 le parti essenziali erano ultimate e finalmente il 5 agosto 1948, S. Em. il cardinale Elia della Costa inaugurò solennemente, insieme ad una ventina di sacerdoti, la nuova chiesa di San Michele Arcangelo. Le celebrazioni continuarono anche nei giorni successivi, unendosi alla festività legata alla ricorrenza della Madonna Addolorata.

Non si trattò certo solo di una riedificazione in cemento e mattoni di una struttura annientata dalle bombe, ma della ricostruzione di un’intera comunità. Fu la risposta più bella della comunità religiosa di Pontassieve alla guerra: la Risurrezione del paese dopo la morte dettata dalla guerra, dall’occupazione, da tutto il Ventennio fascista. Questo monumento ancora oggi simboleggia la rinascita, rappresenta il nuovo inizio su cui si è retta per settant’anni la nostra comunità dei fedeli. Ma mentre il processo di costruzione materiale è avvenuto nel lasso di tempo di alcuni mesi, quello spirituale non si è ancora concluso. Continua da allora.

La navata con l’organo collocato nell’abside

Se, come scriveva Don Antonino Spanò, “la casa più bella è quella ricostruita sulle rovine dolorose del passato con un atto di fede generoso, di speranza e di amore.”, l’altro edificio – quello costituito dalle persone – richiede l’intervento e l’impegno di tutti ancora oggi: c’è bisogno del saggio architetto, del costruttore, dell’operaio e pure del manovale, del garzone e dell’apprendista… solo insieme, con la forza della fede ed il nostro impegno comune, ciascuno portando il proprio talento, la propria energia e anche la propria debolezza, potremo contribuire alla continua costruzione della Nostra Chiesa… per altri settant’anni!

Paola Veratti